Identificare i fondamenti giuridici del trattamento nel RGPD : una vera sfida ! Il caso delle fondazioni umanitarie
Il presente contributo nasce da esperienze recenti dell’autore nell’ambito della messa in conformità di fondazioni umanitarie e dalla volontà di condividere riflessioni personali e prassi delle autorità di controllo a beneficio degli operatori del settore. Il punto di partenza, generalizzato per semplificare l’esposizione, riguarda un’ipotetica fondazione con sede nel Principato del Liechtenstein che presta sostegno a persone fisiche indigenti e inferme (nel seguito, la “Fondazione”). Le richieste di sostegno provengono sia direttamente dalle persone bisognose sia da persone terze (ad es. enti senza scopo di lucro e missionari). Tali richieste comprendono dati personali ordinari (ad es. nome, cognome, scuola frequentata, datore di lavoro, indirizzo ecc.) come pure dati appartenenti a categorie particolari (specialmente dati relativi alla salute) concernenti i beneficiari finali del sostegno richiesto.
Occorre precisare, ai fini del presente contributo, che spesso i destinatari finali non hanno accesso alla tecnologia, non sono in grado di leggere e scrivere, sono orfani oppure soffrono di patologie serie. Si aggiunga che in genere è difficile, seppur non impossibile, prendere contatto con le persone interessate. La Fondazione, per adempiere alla propria missione umanitaria, raccoglie ed elabora i dati personali summenzionati, da una parte, per valutare se la richiesta di sostegno rientra nello scopo della Fondazione e, dall’altra, per erogare concretamente il sostegno.
Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD), applicabile al Principato del Liechtenstein in quanto membro dello Spazio Economico Europeo (SEE) a far conto dal 20 luglio 2018 per effetto della decisione di integrazione nell’Accordo SEE datata 6 luglio 2018 del Comitato misto SEE, stabilisce che, in base al principio di liceità, in relazione a ogni trattamento di dati personali debba essere adempiuta una delle condizioni di liceità previste dall’art. 6 RGPD. La normativa stabilisce inoltre che il trattamento di dati personali particolari, fra i quali rientrano i dati relativi alla salute, è vietato, salvo che sussista una deroga al divieto in base all’art. 9 RGPD. Tale meccanismo si differenzia profondamente dall’approccio svizzero, confermato sotto l’egida della nuova legge federale sulla protezione dei dati (nLPD), per cui solo i trattamenti di dati personali che costituiscono una violazione della personalità, e come tali risultano illeciti, devono essere giustificati da un motivo riconosciuto dalla legge (art. 30 e 31 nLPD).
In questo contesto si pone il fulcro del presente contributo. Premesso che la Fondazione tratta dati personali ordinari e particolari esclusivamente nell’ambito dell’adempimento delle finalità umanitarie stabilite dallo statuto, si pongono due quesiti :
- in relazione ai dati sanitari, è sufficiente che sussista un caso di non applicazione del divieto giusta l’ 9 RGPD (quale norma speciale) oppure occorre che sussista (cumulativamente) una condizione di liceità giusta l’art. 6 RGPD ?
- quali fondamenti giuridici giusta gli 6 e 9 RGPD potrà invocare la Fondazione per giustificare il trattamento di dati ordinari rispettivamente sanitari nell’ambito del perseguimento del proprio scopo umanitario ?
La risposta al primo quesito, contro-intuitivamente, è negativa : il trattamento di dati relativi alla salute richiede cumulativamente l’adempimento di una condizione di liceità giusta l’art. 6 RGPD e l’esistenza di un caso di deroga al divieto di trattamento giusta l’art. 9 RGPD, onde garantire che a tale categoria particolare di dati, secondo la logica della normativa, sia attribuita una protezione aggiuntiva rispetto ai dati ordinari. L’esistenza di una deroga giusta l’art. 9 RGPD non implica in effetti automaticamente una protezione più rigorosa rispetto alle condizioni di trattamento stabilite dall’art. 6 RGPD. Tale conclusione trova esplicita conferma nelle Linee-guida 03/2020 del Comitato europeo per la protezione dei dati (European Data Protection Board, EDPB) sul trattamento dei dati relativi alla salute a fini di ricerca scientifica nel contesto dell’emergenza legata al COVID-19 del 21 aprile 2020, che recita : “Tutti i trattamenti di dati personali relativi alla salute devono essere conformi ai principi in materia di trattamento di cui all’articolo 5 del RGPD e a uno dei fondamenti di liceità e alle deroghe specifiche indicati rispettivamente all’articolo 6 e all’articolo 9 del RGPD affinché sia assicurata la liceità del trattamento di tale categoria particolare di dati personali” (pto. 15.).
Nondimeno, conferire carattere assoluto a tale conclusione non ci pare corretto, nel senso che potrebbero sussistere casi in cui la sola applicazione dell’art. 9 RGPD garantisca, di per sé, la protezione adeguata e sufficiente dei dati particolari. In tale direzione, sotto l’egida della Direttiva 95/46/CE (che implementava un meccanismo del tutto analogo a quello del RGPD), va il Gruppo di lavoro articolo 29 per la protezione dei dati (“WP29”), quando conclude come “… debba essere effettuata un’analisi caso per caso valutando se l’articolo 8 [NDA disposizione corrispondente all’art. 9 RGPD] preveda di per sé condizioni più rigorose e sufficienti o se sia necessaria un’applicazione cumulativa degli articoli 8 e 7 [NDA disposizione corrispondente all’art. 6 RGPD] al fine di garantire la piena protezione degli interessati. In nessun caso l’esito dell’esame deve comportare una minore protezione per categorie particolari di dati” (vedi Parere 6/2014 sul concetto di interesse legittimo del responsabile del trattamento ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 95/46/CE, paragrafo III.1.2.).
Giungendo al secondo quesito, occorre prendere innanzitutto in considerazione l’art. 9 RGPD e, ove sussista un caso di deroga al divieto di trattamento, valutare se l’art. 6 RGPD preveda una condizione di liceità. Considerando le deroghe giusta l’art. 9 RGPD, emergono prima facie le seguenti ipotesi :
- Consenso esplicito dell’interessato (ove nella sua disponibilità secondo il diritto applicabile)
Seppur appaia come la scelta più ovvia e prudente, il presupposto secondo cui il consenso debba essere non solo esplicito bensì (inter alia) effettivo, comprovato e autenticamente libero (considerando 42) impedisce ragionevolmente il ricorso al tale fondamento nel caso della Fondazione (le persone interessate sono in stato di bisogno, prive di istruzione e con accesso ridotto ai mezzi di comunicazione).
- Trattamento necessario per tutelare un interesse vitale qualora l’interessato si trovi nell’incapacità fisica o giuridica di prestare il proprio consenso
Tale deroga appare adatta al caso concreto, anche se le fondazioni umanitarie non contribuiscono necessariamente a tutelare interessi che riguardano il “fulcro vitale” del beneficiario e quest’ultimo in genere non si trova in uno stato, perlomeno tecnicamente, di “incapacità” di fornire il consenso al trattamento.
- Trattamento effettuato, nell’ambito delle sue legittime attività e con adeguate garanzie, da una fondazione, associazione o altro organismo senza scopo di lucro che persegua finalità politiche, filosofiche, religiose o sindacali, a condizione che il trattamento riguardi unicamente i membri, gli ex membri o le persone che hanno regolari contatti con la fondazione, l’associazione o l’organismo a motivo delle sue finalità e che i dati personali non siano comunicati all’esterno senza il consenso dell’interessato
Tale motivo di deroga appare escluso, dal momento che (i) il trattamento non riguarda le persone precisate dalla disposizione bensì semplici richiedenti o beneficiari (attuali o potenziali) delle prestazioni umanitarie che non hanno contatti regolari con la Fondazione e (ii) lo scopo della Fondazione non persegue finalità politiche, filosofiche, religiose o sindacali (libertà fondamentali), bensì meramente assistenziali.
- Il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato
Seppur il tenore letterale appaia interessante ai fini della nostra disamina (le fondazioni umanitarie svolgono attività che globalmente servono l’interesse della collettività anche se beneficiari sono singoli individui), i consideranda 55 e 56 forniscono esempi chiaramente orientati all’attività e al funzionamento dello Stato, come i trattamenti svolti da autorità pubbliche allo scopo di realizzare fini di associazioni religiose ufficialmente riconosciute oppure i trattamenti svolti da partiti politici, nel corso di attività elettorali, giustificate dal funzionamento del sistema democratico, tendenti alla raccolta di dati personali sulle opinioni politiche delle persone ; per questi motivi, il ricorso a tale deroga appare concretamente escluso.
Come emerge dalla disamina di cui sopra, identificare la deroga corretta nel caso concreto è un compito complesso e incerto, in particolare a causa dell’ambizione del RGPD (lodevole ma insidiosa) di anticipare e di disciplinare nel dettaglio ogni situazione. Tale incertezza, peraltro, mal si concilia con le pesanti sanzioni in caso di violazione delle disposizioni sui principi del trattamento (sanzione amministrativa pecuniaria fino a EUR 20’000’000.-, o, per le imprese, fino al 4% del fatturato mondiale totale annuo). Ben venga dunque un approccio, come quello svizzero, pragmatico e flessibile.
In conclusione, quale deroga al divieto scegliere ? Personalmente non esiterei a scegliere l’interesse vitale dell’interessato incapace di prestare il proprio consenso (art. 9 par. 2 let. C RGPD). Tale scelta è coerente con il parere (non pubblicato) dell’Autorità di vigilanza del Liechtenstein in un caso concreto, in cui la stessa, rinviando al considerando 46 (che concerne la condizione di cui all’art. 6 RGPD di analogo contenuto), pur ammettendo che l’interesse vitale è sussidiario rispetto alle altre deroghe (in particolare al consenso esplicito, ove praticabile), fa rientrare le finalità umanitarie sotto l’art. 9 par. 2 let. c RGPD). Si tratta a nostro giudizio di un’interpretazione corretta e ragionevole della norma, ancorché il considerando 46 evochi quali esempi di applicazione eventi gravi come pandemie, emergenze umanitarie e catastrofi.
Appurato che sussiste concretamente una deroga al divieto di trattamento di dati relativi alla salute per scopi umanitari giusta l’art. 9 RGPD e considerato che, a nostro avviso, tale deroga non soddisfa (per “assorbimento”) con sufficiente certezza l’art. 6 RGPD, occorre identificare una condizione applicabile secondo quest’ultima disposizione. Anche in questo caso sorgono varie ipotesi :
- Consenso (ordinario) dell’interessato
Per i motivi di cui sopra, tale opzione non è generalmente praticabile nel caso ipotizzato.
- Trattamento necessario all’esecuzione di un contratto di cui l’interessato è parte o all’esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso
Tale condizione appare di primo acchito idonea, nella misura in cui si consideri che il beneficiario finale di una prestazione umanitaria, ancorché in genere rappresentato da terzi, sia richiedente nella fase di valutazione della richiesta di sostegno (fase pre-contrattuale) e, in caso di esito positivo, beneficiario di una prestazione contrattuale (fase di adempimento); ciò è il caso, posto che l’erogazione di un contributo economico da parte di una fondazione umanitaria privata, essendo volontario, riveste chiaramente carattere contrattuale (donazione).
- Salvaguardia degli interessi vitali dell’interessato, quale ipotesi sussidiaria ad altre condizioni (vedi considerando 46)
- Esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento
Posto che l’attività umanitaria ipotizzata è svolta a titolo volontario da un soggetto privato e considerato il considerando 45 (che rinvia a trattamenti effettuati sulla base del diritto di uno Stato membro o dell’Unione), non riteniamo che si possa ragionevolmente ipotizzare in capo alla Fondazione un “compito di interesse pubblico” di cui essa sia “investita” per effetto del diritto del Liechtenstein.
- Perseguimento del legittimo e preminente interesse del titolare del trattamento
A nostro avviso, le attività di trattamento della Fondazione dettate dal perseguimento dello scopo statutario in favore della persona interessata (sia essa richiedente, direttamente o tramite procuratore, oppure semplicemente beneficiaria de facto), nella misura in cui l’interessato, al momento della raccolta dei dati personali, possa ragionevolmente attendersi che abbia luogo un trattamento per finalità di assistenza (vedi considerando 47), rientrano nel perimetro della disposizione in questione ; tale argomentazione trova conferma, seppur a contrario, nel succitato Parere 6/2014 WP29, il quale nega il ricorso al legittimo interesse nel caso delle attività di marketing profilato, le quali non rientrano nelle attività definite dallo scopo statutario degli organismi senza fini di lucro e pertanto eccedono le “ragionevoli aspettative” delle persone interessate (vedi esempio 7, pag. 72); è interessante infine sottolineare che il Garante italiano per la protezione dei dati personali ha autorizzato in via generale il trattamento dei dati personali relativi ai beneficiari di prestazioni da parte di fondazioni ove tale trattamento avvenga nell’ambito dello statuto e/o dell’atto costitutivo (vedi Allegato n. 1, sezione 2 del Provvedimento 13 dicembre 2018 che individua le prescrizioni contenute nelle Autorizzazioni generali nn. 1/2016, 3/2016, 6/2016, 8/2016 e 9/2016 che risultano compatibili con il Regolamento e con il d.lgs. n. 101/2018 di adeguamento del Codice).
In conclusione, quale condizione di liceità scegliere ? Personalmente opterei, ove la via del consenso non fosse praticabile, per la condizione concernente il trattamento di dati in ambito precontrattuale rispettivamente contrattuale, sempreché il beneficiario ultimo sia il richiedente (direttamente o tramite procuratore) e pertanto abbia qualità di donatario, mentre il legittimo interesse della fondazione umanitaria lo riserverei al caso in cui la persona interessata assurga a semplice beneficiario de facto del contributo umanitario. Ancora una volta giunge in aiuto l’Autorità di vigilanza del Liechtenstein, che conferma il legittimo ricorso alla condizione di cui all’art. 6 par. 1 let. b RGPD (precontratto rispettivamente contratto) nel caso in cui il la persona interessata / beneficiaria sia richiedente e parte al contratto di sostegno.
Dovendo concludere per esigenze di spazio, è importante rilevare quanto il RGPD possa essere di complessa e incerta applicazione e quanto sia importante la disponibilità delle Autorità di vigilanza nel supportare gli assoggettati in fase di adempimento. Ciò a maggior ragione nel campo umanitario, dove occorre assolutamente evitare la tentazione (ricorrente sul campo) di rinunciare a determinate attività di assistenza per timore di violare le norme sulla protezione dei dati personali. Ci pare infine opportuno raccomandare alle fondazioni umanitarie di sensibilizzare le proprie controparti (locali), quali organismi senza scopo di lucro, a comunicare informazioni relative ai beneficiari finali in maniera per quanto possibile anonimizzata o pseudonimizzata, posto che l’identificazione di tali soggetti in genere non è rilevante per la decisione di concessione del sostegno.
Proposition de citation : Gianni Cattaneo, Identificare i fondamenti giuridici del trattamento nel RGPD : una vera sfida ! Il caso delle fondazioni umanitarie, 24 avril 2023 in www.swissprivacy.law/222
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